La Legge 5 gennaio 1996 n° 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, più nota come legge “Galli” dal cognome del suo estensore, ha operato una profonda riorganizzazione del servizio idrico in Italia.
Le principali novità introdotte con la Legge Galli sono state:
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unificazione dei servizi pubblici acquedotto, fognatura e depurazione in un unico ciclo, chiamato servizio idrico integrato, considerando questi tre segmenti, storicamente separati, un’unica cosa;
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passaggio del riferimento territoriale per la gestione del servizio idrico dall’ambito comunale a quello comprensoriale, denominato ATO (Ambito Territoriale Ottimale);
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separazione della gestione del servizio, intesa come funzione imprenditoriale attribuita ad un'azienda di servizi (Gestore), dalla titolarità o funzione pubblica dello stesso, di competenza dell'Autorità di Ambito (AATO);
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copertura integrale del costo del servizio da parte degli utenti, che fine a quel momento risultava a parziale carico della fiscalità generale.
E’ stato sancito, inoltre, il principio che l’acqua è un bene pubblico da salvaguardare e utilizzare secondo criteri di solidarietà e da tutelare anche per garantire alle future generazioni il diritto ad usufruirne. Il consumo umano d’acqua è da intendersi prioritario rispetto agli altri (agricolo, industriale etc.).
La legge Galli ha avviato un processo che ha coinvolto oltre che i Comuni anche le Regioni. Infatti le Regioni hanno avuto, tra l’altro, il compito di:
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attuare le norme di applicazione della legge 36/94 con propria legge regionale (legge attuativa che nel caso del Friuli Venezia Giulia è la L.R. 23 giugno 2005 n° 13 );
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delimitare territorialmente gli ATO sulla base di unità o sub-unità di bacino idrografico e di definirne la forma istituzionale.
